Il lombardesimo dedica particolare cura al punto programmatico della difesa, preservazione e valorizzazione della cultura, delle tradizioni e, dunque, del carattere nazionale della Grande Lombardia. Anzitutto viene la salvaguardia dell’etnia, intesa come prodotto di sangue, suolo, spirito, e subito dopo la battaglia culturale e tradizionale che sta alla base di un identitarismo assennato che prenda comunque le mosse dalla biologia. Difesa del sangue del popolo, del suolo patrio, dello spirito come carattere, indole, mentalità delle genti lombarde, affratellate dal comune destino nazionale granlombardo. E proprio perché il progetto di conservazione e promozione parte dal dato etno-razziale, la nostra idea di cultura viene ulteriormente elevata e preservata dalle ricadute di uno sterile folclorismo privo di mordente antropogenetico, cioè schiettamente etnico. La comunità di popolo cisalpina rappresenta il fondamentale mastice di un auspicabile etnostato decisamente sociale e nazionale, dunque comunitario. E nel vocabolario lombardista ‘sociale’ equivale alla solidarietà di popolo contrapposta alla grettezza borghese, e ‘nazionale’ al nerbo etnoculturale che anima, per l’appunto, la collettività.
Il comunitarismo è un degno caposaldo identitario lombardista ed è deputato a concretizzare il perno su cui costruire quel socialismo nazionale che lotti contro il progressismo e contro il liberalismo. Diuturna lotta del sangue contro l’oro, ma anche contro il pernicioso mito dell’uguaglianza, che non è altro che un livellamento dei popoli europidi per fare spazio alla indistinta melassa mondialista, prodotta da immigrazionismo, meticciato e società multirazziale. La perversione del socialismo (già incarnata dal bolscevismo e, oggi, dal pensiero liberal) è un cancro, al pari dei miti liberali del fatturato, del successo individualistico e del culto edonistico, che sono troppo spesso la tomba dell’autoaffermazione lombarda. Nel pantheon dei lombardi sembra esserci spazio soltanto per l'”eroe” imprenditoriale, una figura semidivina, mentre i nostri popoli si corrompono ed estinguono obnubilati dalle droghe del consumismo, dell’affarismo e del materialismo più becero. I bassi appetiti del decadente Occidente a trazione statunitense sono una piaga da estirpare, in quanto masochismo antipatriottico; nessuno nega il valore nobilitante del lavoro o il formidabile spirito d’iniziativa lombardo – anche perché la plurisecolare ricchezza padano-alpina è il frutto di una mentalità del lavoro schiettamente continentale – ma ricordiamoci sempre che l’identità sovrasta il danaro.